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Chiesa di San Giovanni Evangelista – Bonea, Vico Equense

Chiesa di San Giovanni Evangelista – Bonea, Vico Equense

Gli interventi che hanno interessato la chiesa di San Giovanni Evangelista, nel caratteristico borgo di Bonea, sono stati fortemente voluti da Don Nino Lazzazzara e diretti dall’Architetto Laura Mastursi, insieme al restauratore di beni culturali Andrea Porzio. La chiesa è conosciuta anche come Santuario di Santa Maria Visita Poveri, per la presenza al suo interno di una tela con quel soggetto, trafugata negli anni novanta e fortunatamente recuperata agli inizi del nuovo secolo. Il dipinto del Seicento del pittore ischitano Cesare Calise, tuttavia, doveva far parte del ricco arredo della più antica e vicina chiesa che portava in origine l’intitolazione a San Giovanni, oggi sede della Confraternita del SS. Rosario. Il primo documento riguardante questa chiesa è del XV secolo, ma la fabbrica forse è addirittura precedente, mentre la nostra fu edificata negli anni trenta del Settecento. Oggetto di recupero è stato il portale in tufo, che mostrava evidenti segni di taglio, causati dalla rimozione meccanica dello strato di scialbo di calce, applicato durante un precedente restauro, che aveva previsto, tra l’altro, anche l’utilizzo di materiale cementizio nella fase di stuccatura, che andava ora eliminato e sostituito con malta a base di calce idraulica. Inoltre alcuni blocchi di tufo, sul lato destro, risultavano distaccati e dovevano essere necessariamente rimessi in asse. Dopo la messa in sicurezza del portale, si è proceduto quindi allo smontaggio e rimontaggio nella posizione originaria dei blocchi di tufo. È stato poi effettuato un trattamento protettivo con silicato di etile.

Il recupero della facciata, invece, è un esempio del lavoro certosino condotto dai restauratori che collaborano con noi, in questo caso diretti da Andrea Porzio e coordinati dall’ingegnere Michele Cinque. La facciata a “finti conci di pietra”, dipinti direttamente sull’intonaco, può essere considerata un unicum nel suo genere. Si tratta di un’opera dell’architetto napoletano Guglielmo Raimondi, che la ridisegnò in forme romaniche nel 1940. Dopo aver proceduto alla disinfestazione da alghe e muschio e alla stuccatura con calce idraulica è stato abilmente restituito l’effetto “a scacchiera”, sbiadito dal tempo, con leggere velature ad acquerello stese su ogni singolo riquadro, facendo riemergere i colori originali: la terra d’ombra naturale e il giallo ocra. Protetti infine con acqua di calce. Hanno prestato la loro opera i maestri Mario D’Urso e Andrea D’Aniello, insieme alla ditta di pitturazione di Giovanni Staiano.

by parlatocostruzioni